Sicurezza: l’UE mette in mora l’Italia

La Commissione Europea con una lettera di “messa in mora”, recapitata il 30 settembre scorso al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha aperto un procedimento di infrazione contro l’Italia: il nostro paese, secondo l’Europa, non rispetta le direttive europee in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il caso nasce dalla petizione, dichiarata ricevibile, di un operaio metalmeccanico di Firenze, inviata alla Commissione europea a novembre 2009, a titolo assolutamente individuale, con la convinzione che il decreto Sacconi approvato ad agosto 2009 violasse alcune disposizioni dell’Ue.

Dopo diversi mesi di lavoro da parte dei tecnici che si occupano della materia, che hanno setacciato a fondo il Testo Unico, a settembre di quest’anno è stata decisa la costituzione in mora contro l’Italia.

La normativa italiana sarebbe in contrasto con la direttiva europea, come si legge nella lettera di messa in mora, in particolar modo per i seguenti punti:

– la deresponsabilizzazione del datore di lavoro in caso di delega e subdelega;

– la violazione dell’obbligo di disporre di una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro per i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori;

– la proroga dei termini impartiti per la redazione dei documenti di valutazione dei rischi per le nuove imprese o per modifiche sostanziali apportate ad imprese esistenti;

– l’obbligo di valutazione del rischio di stress legato al lavoro;

– l’applicazione della normativa su sicurezza e salute per le cooperative sociali e le organizzazioni di volontariato della protezione civile;

– le disposizioni di prevenzione incendi per gli alberghi con oltre 15 posti letto esistenti in data del 9 aprile 1994.

Il governo italiano dispone di due mesi di tempo per trasmettere alla Commissione le proprie osservazioni. In caso di chiarimenti non sufficienti, la Commissione darà ancora un po’ di tempo (probabilmente altri due mesi) per modificare il Testo Unico e scongiurare così il ricorso per inadempimento alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con relative potenziali onerose sanzioni.