La Corte di Cassazione III sezione penale, con sentenza del 17 aprile 2014, n. 17027, ha condannato il titolare di un’attività commerciale, quale responsabile del reato di cui all’art. 4 L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) per avere installato un impianto di videosorveglianza senza avere richiesto l’autorizzazione all’ispettorato del Lavoro.
Nonostante la difesa sostenesse che il sistema di video-sorveglianza fosse installato al solo fine di tutelare il patrimonio aziendale contro attività criminose e di rilevo penale, i diversi gradi di Giudizio hanno evidenziato come lo scopo della video-sorveglianza fosse altresì quello di esercitare un controllo dei lavoratori, contravvenendo alle disposizioni del già citato art. 4 L. 300/70.
Inoltre tale installazione era avvenuta in violazione del comma II, del medesimo articolo, ossia in assenza di un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna.
Difatti lo Statuto dei Lavoratori indica che gli impianti di video-sorveglianza, installati per esigenze organizzative, produttive ovvero di sicurezza del lavoro qualora permettano un controllo a distanza dei Lavoratori devono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in subordine, con la commissione interna, indipendentemente dalle finalità di utilizzo delle immagini acquisite.
Non è, quindi, richiesto, secondo la Suprema Corte, che si tratti di controllo occulto, destinato a verificare la produttività dei lavoratori dipendenti, in quanto l’essenza della sanzione sta nell’uso degli impianti audiovisivi, in difetto di preventivo accordo con le parti sociali.